UNA RISPOSTA A MASSIMO INTROVIGNE

10 Marzo 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

La mia premessa non è rituale, ho molta stima del professor Massimo Introvigne e ho ascoltato sempre volentieri le sue riflessioni. Qualche volta ho avuto l’opportunità di goderne anche in privato, è venuto a trovarmi con la sua gentilissima signora e davanti a un caffè ha distillato la sua sapienza. Quando qualche giorno fa ho letto un suo articolo sulla necessità di muoversi verso la nascita di un Partito della Famiglia, a seguito del disastroso esito della votazione della legge sulle unioni civili al Senato, ho ritenuto che quel che con Gianfranco Amato avevamo in animo di far nascere, cioè il movimento del Popolo della Famiglia che si appresta a vivere la sua giornata costituente al Palazzetto delle Carte Geografiche di Roma, potesse contare sul sostegno di una mente lucida e di un intellettuale di riferimento mai banale.
Mi è capitato invece di leggere poche ore fa sui social network una presa di posizione di quello che ho pensato essere un altro Massimo Introvigne e purtroppo mi sono dovuto ricredere: è proprio lui che ha inteso smentire se stesso. L’articolo che avevo letto non era più un invito a costituire il Partito della Famiglia, ma una rimembranza di un articolo del 2014 anno in cui il professor Introvigne registrò il marchio del Partito delle Famiglie, motivando questo attivismo con le ragioni descritte nella dichiarazione che mi era capitata sotto gli occhi e che voglio riportare a voi integralmente di modo che possiate valutarne la portata e il significato. Dichiara Introvigne a poche ore dalla costituente del Popolo della Famiglia, nuovo movimento politico: “L’articolo del 2014 poneva tre condizioni ben precise perché potesse nascere un nuovo movimento politico con possibilità di aspirare al governo del Paese e non a uno zero virgola o a un due per cento che non risolverebbero i problemi di rappresentanza politica di un’area ampiamente orfana. Prima condizione: non essere un partito di scopo ma avere un programma dettagliato, non limitato ai soli riferimenti ai grandi principi o alla dottrina sociale della Chiesa, su tutto quanto un governo deve fare in campi come la politica estera, l’immigrazione, il lavoro, le banche, la giustizia, la corruzione, e così via; e per i comuni e le regioni su tutti i temi pratici che rientrano nelle loro competenze. Avrebbe dunque dovuto essere promosso da una squadra con persone di competenza riconosciuta nei vari settori, dall’economia alla sicurezza e al diritto. Seconda condizione: non essere un partito confessionale, e contare su significative presenze anche di non cattolici e non credenti. Terza condizione: avere come azionisti, non unici ma significativi, i grandi movimenti cattolici che si riconoscono nella dottrina sociale della Chiesa, perché ogni movimento politico che nasce deve potersi avvalere di strutture in qualche modo già organizzate e presenti sul territorio, a meno di partire con disponibilità immense di denaro. È evidente che, ferma la stima e l’amicizia per alcune delle persone coinvolte, il Popolo della famiglia non nasce con alcuna di queste tre caratteristiche, e sembra piuttosto la risposta sbagliata e destinata all’insuccesso a un problema reale. La risposta vera va costruita con pazienza e nel rispetto delle tre condizioni che indicavamo già nel 2014. Bene ha fatto dunque il comitato Difendiamo i nostri figli a prendere le distanze dal nuovo movimento e bene farebbero i suoi promotori ad autosospendersi dal comitato per evitare equivoci”.
Partiamo dal fondo. Caro professor Introvigne il comitato Difendiamo i nostri figli, come evidenziato dal comunicato conclusivo e da tutte le prese di posizione pubbliche dei suoi membri, ha sottolineato il clima di unità, amicizia e comunanza di intenti in cui si sono prese decisioni importanti. So che lei aveva dato mandato di ottenere le teste mia e di Amato, ma i compagni d’avventura ne hanno passate molte con noi, questo ha cementato la comunione tra caratteri che saranno pure diversi, ma hanno risposto picche ai diktat esterni. La distinzione tra Cdnf e Pdf è nei fatti ed è ribadita nel comunicato, così come è ribadita la matrice valoriale comune. Non semini zizzania, professore, davvero questo piccolo gregge ha bisogno della più salda unità, anche nelle idee e strategie differenti, perché c’è un nemico assai più grande da battere ed è tutto esterno a noi. Proprio per dimostrarle di non avere però alcuna acrimonia nei suoi confronti, se lei vorrà ingentilire il tratto della critica nei confronti del Popolo della Famiglia e provare ad approfondire l’elaborazione attorno a ciò che siamo e rappresentiamo, io le offro la contropartita di una riflessione sull’ultimo punto del suo articolo e ragionerò sulla possibilità di autosospendermi dal Cdnf al momento in cui firmerò nelle mani di un pubblico ufficiale la mia accettazione di candidatura a sindaco di Roma per il Pdf.
Ora veniamo però alla questione centrale delle sue tre osservazioni, semplificative in una: se il Partito delle Famiglie lo faceva lei, con il programma scritto da lei e i suoi amici, i candidati scelti da lei “anche non cattolici e non credenti”, sotto il cappello di Alleanza cattolica, allora il Partito era cosa buona e giusta. Poiché lo fanno altri, allora “è una risposta sbagliata destinata all’insuccesso”. Tipico, nessuna nuova sotto il sole. Il ceto intellettuale italiano ha questo vizio, quando poi da ceto si trasforma in piccola élite detenente un qualche potere in un’area ristretta, quella che si chiama rendita di posizione paralizza e accende puzze al naso. Per fortuna il giorno del giudizio, in questa piccolissima querelle tutta terrena, non è lontano. Tra novanta giorni sapremo che risposta è stata il Popolo della Famiglia. I numeri diranno se il primo passo compiuto incoraggia a compierne di successivi. E poiché dovremo fronteggiare le offensive violentissime del nemico che scassa l’automobile di Gianfranco Amato, ne minaccia i familiari, presenta esposti al tribunale di Genova per una immaginaria “omofobia” del sottoscritto accompagnato quotidianamente dagli insulti più biechi perché visto come un pericolo reale per i sostenitori dei falsi miti di progresso e della visione antropologica che vuole trasformare le persone in cose, avremmo sperato di non dover fronteggiare anche il fuoco amico. E invece tanto ce n’è e ancora di più ce ne sarà ed è un peccato, caro professore, perché dovremmo innescare meccanismi centripeti e non centrifughi: stare il più possibile vicini e compatti, non considerare il più vicino come un pericolo per il mantenimento dello status quo e i conseguenti equilibri da vecchia camarilla.
Caro professore Introvigne, caro Massimo, lo status quo è il male, lo status quo è l’approvazione del ddl Cirinnà con la fiducia su un maxiemendamento votato da 173 senatori la stragrande maggioranza dei quali sedicenti “cattolici”. Lo status quo è il divorzio breve approvato con 398 voti favorevoli e 28 contrari. Glielo ripeto professore, 398 a 28, con tutti i deputati cattolici allineati con i 398. Lo status quo è il divorzio breve che non basta e già è incardinato alla Camera il divorzio lampo, lo status quo è la legge sull’eutanasia in discussione in commissione Affari Sociali e Giustizia a Montecitorio. La prossima legislatura repubblicana sarà letale, se i cattolici continueranno per ignavia e piccoli egotismi a scegliere la strada del mantenimento dello status quo. Occorre fracassarlo, lo status quo. E il Popolo della Famiglia, con i suoi uomini e i suoi programmi, è in campo alle prossime elezioni per assestare il primo colpo di piccone, esattamente secondo il suo insegnamento del 2014 e del febbraio 2016: costruire un soggetto politico.
Tempo per parlarne ancora non ce n’era. Ora è il tempo del fare, del mettere in pratica riflessioni che necessitano di inverarsi. Caro Massimo Introvigne, alle prossime elezioni amministrative vota Popolo della Famiglia, a Torino abbiamo una bravissima candidata a sindaco. Sai che ci sono associazioni Lgbt che hanno già chiesto che il nostro simbolo non venga ammesso sulle schede elettorali perché “chiaramente omofobo”? Eh ma il Pdf è tosto e nel caso so che potrà contare su un team di legali guidato da te. Guarda Massimo le nostre donne e i nostri uomini che stanno mettendo il loro corpo in questa battaglia, guardali e votali, te lo chiedo io: sono persone sincere che credono con nettezza in principi che non ritengono negoziabili. Tutti gli altri candidati nelle grandi città sono a favore, ad esempio, delle unioni civili: Fassino e i grillini a Torino; Parisi e Sala a Milano; Giachetti, Bertolaso, Fassina e Marchini a Roma; De Magistris e la Valente a Napoli; Merola e i sette nani che lo sfidano a Bologna. Tutti uniti su un solo punto: lo sfascio del diritto di famiglia e dell’istituto del matrimonio come declinato dall’articolo 79 della Costituzione. Sono sicuro che nel segreto dell’urna sceglierai l’unico candidato sindaco e l’unica lista che su questo punto hanno dimostrato combattendo la propria identità e i propri impegni programmatici. Altri rispetto agli altri.
Se poi scriverai un articolo dicendolo che voterai per noi, magari a qualche giorno dalle elezioni, aiuterai quello spirito di unità di intenti e consonanza sui valori che ha caratterizzato proprio l’ultima riunione del comitato Difendiamo i nostri figli. Uno spirito unitario di cui ha bisogno il nostro popolo e beneficerà alla fine il nostro Paese.