Settimana decisiva per il quadro politico italiano, in un Paese che incredibilmente si trova ancora senza un governo un mese e mezzo dopo il voto. Si fa sempre il parallelo con la Germania, affermando che anche lì ci sono voluti mesi per avere il governo. Il parallelo è ovviamente inconsistente per due motivi: in Germania era chiarissimo chi avesse vinto e chi dovesse fare il premier, cioè Angela Merkel per la quarta volta consecutiva; i mesi sono passati per scrivere un contratto di programma dettagliatissimo tra i due soggetti contraenti, Cdu e Spd, che hanno generato un volume di duecento pagine di cose da fare. In Italia stanno passando mesi e la discussione è meramente di potere, l’interrogativo insomma è solo: chi fa il premier? Il conflitto, come sempre in Italia, è per quale deve essere la cricca dominante. Non una parola, non una, si spende sul piano programmatico. Altro che Germania.
In questa settimana Mattarella assegnerà un primo incarico e vedremo su quale nome cadrà la scelta del Quirinale e con quale ruolo effettivo. Di certo non siamo prossimi alla soluzione del rebus. Nel frattempo abbiamo scenari di guerra nel Mar Mediterraneo sul fronte siriano, la sottovalutata morte del generale Haftar che manda nel caos la Cirenaica e apre una stagione di flussi migratori che si andranno intensificando perché incontrollati, un Paese che continua ad avere problemi strutturali terrificanti e ingovernati come disoccupazione, povertà diffusa, dominio della criminalità organizzata in mezza Italia con i problemi tra agricoltori confinanti che vengono risolti con le autobombe.
In questo quadro il duello Salvini-Di Maio è stucchevole oltre che disperante, dimostra che i nuovi non sono poi così diversi dai vecchi e se l’esito sarà l’inciucione sarà il solito inevitabile vizio italico trasformista a riproporsi. Per la nostra agenda che voleva combattere povertà e disoccupazione investendo sulla famiglia, rispondendo anche alla tragedia strutturale della denatalità con il reddito di maternità, in tutta evidenza non c’è spazio, non c’è mezza dichiarazione almeno d’intenti. Figuriamoci poi sulle istanze valoriali come abolizione di legge Cirinnà e biotestamento, il livello anche solo di ascolto è azzerato. L’enfasi grillina sulla rimozione del cartellone di ProVita a Roma ha fatto capire in quale stagione politica viviamo e quanto il grillismo sia assolutamente antitetico non ai valori non negoziabili ma ai valori cristiani tout-court, anche perché dietro le sue quinte manovrano poteri lobbistici antifamilisti e massonici, non estranei peraltro anche ad alcuni ambienti leghisti che hanno grazie a quei potei ottenuto alcune importanti capolisture e si preparano a incassare importanti ruoli di governo, qualsiasi sia la formula politica su cui nascerà il nuovo esecutivo.
Lo scenario politico assegna al Popolo della Famiglia un ruolo fondamentale e sempre più decisivo. Secondo i calcoli del fuoco amico la presenza alle elezioni del 4 marzo avrebbe fatto saltare quaranta seggi al centrodestra tra Camera e Senato. Contesto questa lettura, sono convinto che i 219.545 voti ottenuti dal PdF alle elezioni provengano da situazioni eterogenee, dall’area dell’astensione e dai delusi di tutti gli schieramenti. Certo è che però 219.545 voti che fossero in futuro politicamente orientati potrebbero determinare moltissimo dei futuri equilibri. Da qui derivano tre certezze per l’azione futura del Popolo della Famiglia, che ho già declinato all’assemblea di sabato 14 aprile a Roma.
1. IL POPOLO DELLA FAMIGLIA NON È UN SOGGETTO POLITICO TRANSITORIO. Subito dopo le elezioni sono saltate per stia parecchie sigle da Noi con l’Italia alla Civica Popolare, da Più Europa con Bonino a Insieme. Nei sondaggi arretrano e quasi spariscono, alle prossime elezioni amministrative non si presentano. Noi no. Il Popolo della Famiglia è un soggetto politico strutturato destinato a durare come tale con il proprio simbolo, i propri gruppi dirigenti che si stanno formando sul territorio, la propria capacità di fare elaborazione e cultura politica, le proprie liste per le elezioni.
2. IL POPOLO DELLA FAMIGLIA APRE LE PROPRIE PORTE A TUTTI. Chi è interessato a un soggetto politico autonomo di ispirazione cristiana può entrare a rafforzare il progetto non transitorio del Popolo della Famiglia. Abbiamo dimostrato concretamente ormai da anni di essere i soli dotati di un impianto organizzativo capace di reggere l’enorme difficoltà della concreta presenza di un partito politico sul territorio pronto a presentarsi effettivamente e ad essere presente ovunque sulle schede elettorali. Mettiamo a disposizione questo patrimonio strutturato negli anni e apriamo le porte a tutti, ovviamente per evitare equivoci chiarendo a tutti che non si entra in casa d’altri chiedendo di abbatterne il vessillo. Tra vent’anni in Italia si voterà ancora PdF. La sola differenza rispetto a oggi è che tra vent’anni in tanti avremo contribuito a far diventare il PdF una forza politica di governo imprenscindibile nel Paese.
3. IL POPOLO DELLA FAMIGLIA È GIÀ DETERMINANTE. Proprio i calcoli del fuoco amico, che ci assegnando (in realtà sbagliando) un ruolo nell’assegnazione di circa quaranta seggi in questo Parlamento, spiegano che la strategia del PdF è pienamente riconosciuta e riconoscibile ormai. Noi siamo determinanti, puntiamo ad esserlo, lo siamo già. Prova ne sia che per le prossime amministrative abbiamo la fila alla porta, degli ingolositi dai nostri voti che possono essere decisivi. Di più non potevamo ottenere in due anni di vita e sapremo mettere a frutto questo ruolo, come sempre costruiremo intese dove sarà possibile farlo partendo sempre da due criteri: persone e programmi. A noi non ce la impongono la Bongiorno capolista. Se lo fanno, noi non ci stiamo e andiamo da soli. Abbiamo dimostrato di essere capaci di farlo. È stato fondamentale aver dimostrato di essere capaci di farlo.
La prospettiva futura è fatta di delusi del M5S e della Lega (per non parlare di Forza Italia e del Pd ormai in sfacelo) che saranno senza casa dopo l’inevitabile fallimento dell’ennesimo inciucio all’Italiana. Il Popolo della Famiglia dovrà farsi trovare pronto e strutturato per accogliere i voti in uscita in particolare dei cattolici praticanti, il 90% dei quali ha votato per i quattro partiti citati. Si può andare a Messa regolarmente e votare M5S o Pd? In un tempo di enorme confusione la maggioranza assoluta dei cattolici praticanti ha votato per quei due partiti. Non andrà sempre così. Il Popolo della Famiglia è stata una piccola risposta nel presente, sara una risposta popolare e di massa nel futuro. Come sempre, in politica, serve la costanza. Il lavoro sul territorio giorno dopo giorno.
Ci vedremo allora molto presto in tutti i luoghi della battaglia del Pdf che continua in ogni regione d’Italia con le amministrative. Ci vediamo a Campobasso mercoledì perché domenica si vota per le regionali del Molise e invito tutti coloro che hanno amici o contatti molisani a fare una telefonata per far votare il simbolo del Popolo della Famiglia il 22 aprile, così come il 29 aprile a dare la preferenza ai nostri candidati capitanati da Lanfranco Lincetto in Friuli Venezia Giulia. Poi ci presenteremo con le nostre liste da presentare entro il 10 maggio in 797 comuni italiani. Avremo nostri candidati sindaci a Treviso in Veneto, a Monopoli in Puglia, a Imola in Emilia Romagna, a Teramo in Abruzzo. Stiamo verificando la possibilità di costruire coalizioni, sempre con la presenza del nostro simbolo, a Brescia e Vicenza, a Sondrio e a Catania, a Imperia e a Pisa, a Orbassano e a Terni, a Avellino e a Massa, a Velletri e a Pomezia, a Aprilia e a Anzio. A Roma da soli ci presentiamo nei due municipi al voto, il terzo e l’ottavo, pronti a far pesare i nostri voti raccolti il 10 giugno ai ballottaggi del 24 giugno.
Nello scenario politico del prossimo futuro i nostri voti pesano e pesano molto, sono in molti casi determinanti. I dirigenti e i militanti del Popolo della Famiglia devono esserne consapevoli e rafforzare il nostro accampamento perché la traversata del deserto sarà lunga, le battaglie difficili, ma il fine è decisivo perché ancora una volta, oggi più che mai, se l’ispirazione cristiana e la relativa piattaforma programmatica in politica non le rappresentiamo noi, non lo farà nessuno. Per questo l’unico obiettivo ora è diventare più forti e in politica diventare più forti significa prendere più voti, a partire dalle regionali di domenica in Molise, passando per le amministrative del 10 e 24 giugno in tutta Italia, per arrivare alle europee del maggio 2019 e alle regionali del 2020. Entro i prossimi due anni si voterà anche di nuovo per le politiche e se quaranta seggi è il peso che ci viene assegnato, quaranta seggi almeno andremo ad ottenere. Non per il potere, ma per fermare le politiche di morte e invertire la rotta dell’Italia facendola ridiventare la terra della famiglia naturale e della vita.