Il titolo di questo articolo è rubato. Rubato allo speciale de La7 voluto e condotto da Enrico Mentana nel decennale della morte di Eluana Englaro. Leggo dal comunicato di lancio del programma televisivo la descrizione di Eluana: “Ragazza di Lecco morta dopo 17 anni di coma vegetativo il 9 febbraio del 2009, in seguito all’interruzione dell’alimentazione artificiale. Simbolo della lotta all’accanimento terapeutico”.
Ha davvero ragione Mentana, questa è una perfetta storia italiana: un imbroglio ipocrita in cui si dice quel che non è, si lascia solo intendere quel che è, si agisce contro la legge e alla fine si fa in modo di aggiustare tutto. Eluana non era una ragazza, è morta a 39 anni. Non era in coma. Non è morta per l’interruzione dell’alimentazione, ma è morta di sete, le hanno tolto l’acqua e far morire di sete è in assoluto il modo più atroce per uccidere un essere umano. Soprattutto, nei confronti di Eluana Englaro non è stato praticato alcun accanimento terapeutico, semplicemente perché non era malata. Non le è stata “staccata la spina”, perché non era collegata a nessun macchinario, neanche di monitoraggio. Eluana Englaro era una disabile grave a seguito di un incidente stradale occorsole 17 anni prima della morte, soppressa sulla base di una sentenza della magistratura.
Attenti, questo non sarà un articolo né breve né facile da leggere. Non sarà neanche un articolo per polemizzare né con Mentana né con Beppino Englaro, perché non è un articolo sul caso Englaro. Questo testo è scritto per due obiettivi. Il primo, raccontare i fatti per come si sono indubitabilmente svolti in maniera da rendervi edotti rispetto alle ricostruzioni false che vedrete in tv e leggerete sui giornali. Il secondo, farvi capire come funzionano i meccanismi che puntano a rendere non solo accettabile ma addirittura auspicabile ciò che è, se compreso sul mero piano razionale, assolutamente inaccettabile.
Perché si torna con tanta enfasi sui media e in tv sul caso Englaro? Semplice. Perché il lavoro non l’hanno finito. Sono passati dieci anni e ancora non sono riusciti a far attecchire nell’ordinamento giuridico italiano il concetto per loro fondamentale che la vita umana sia un bene disponibile, dunque sopprimibile alla bisogna. Questo è il traguardo a cui devono giungere. La povera Eluana fu solo il primo passo, la prima vittima sacrificale. Io qui non parlo da cristiano, da cattolico e neanche da presidente del Popolo della Famiglia. Metto completamente da parte le divise sia religiose che politiche. Qui non c’entra Dio e non c’entrano idee e ideologie. Qui c’è da discutere semplicemente in punta di ragione. Vogliamo accantonare due millenni e mezzo di civiltà medica che ancora oggi è fondata su quel giuramento di Ipprocrate che vieta di uccidere i pazienti? Riteniamo che quel testo abbia attraversato i millenni per caso? Che il principio giuridico della vita umana come bene indisponibile e dunque mai sopprimibile da terzi caratterizzi da sempre l’ordinamento italiano per ragioni randomiche irrazionali? Io ritengo che queste radici e questi principi abbiano un senso, che ci salvino da un baratro infernale perché se la vita umana si può sopprimere per un motivo, poi se ne troverà un altro, poi un altro ancora, poi altri e altri ancora.
Eluana infatti è il cavallo di Troia che è servito ad arrivare fino alla legge sul testamento biologico. Ma questi corifei della morte non sono soddisfatti, si sono accorti che quella legge non ha attecchito. Nessuno va a stendere le sue Dat, i comuni non hanno i registri e quelli che ce li hanno se li tengono pateticamente vuoti. Una legge approvata in fretta e furia nelle feste di Natale del 2017 a legislatura finita non è servita a sopprimere le migliaia di persone che come Eluana si trovano in stato vegetativo a non poter interagire con il mondo circostante per via di un danno cerebrale. Come Eluana, migliaia.
Per riuscire a uccidere Eluana dovettero inventare una valanga di bugie che in questi giorni racconteranno di nuovo. Il Corriere della Sera del 10 febbraio 2009, giorno successivo all’uccisione di Eluana per sete, descrive una donna che “pesa meno di quaranta chili” con la pelle piagata, rinsecchita, lacerata anche in faccia. L’11 febbraio l’autopsia accerta che Eluana è morta che pesava 53 chili, non presentava alcuna piaga neanche da decubito, in buone condizioni generali e con il cervello dello stesso peso di quello di una persona normale. Chi l’aveva vista prima che venisse trasferita a Udine presso la struttura che l’ha soppressa privandola di alimentazione e idratazione, raccontava di una donna non aveva segni di sofferenza, apriva gli occhi al mattino e li chiudeva alla sera, non dormiva durante il giorno.
Per 17 anni dall’incidente Eluana ha vissuto, dunque, non attaccata a nessun macchinario e senza soffrire, accudita dall’amore delle Suore Misericordine che si opposero all’ordine di togliere nutrizione e acqua fin quando è stato loro possibile, implorando il padre Beppino di lasciarla a loro. Forte di una sentenza del Tar del 29 gennaio 2009 il padre però riuscì a toglierla alle suore e a portarla il 3 febbraio presso la struttura di Udine dove il 9 febbraio Eluana morirà privata del nutrimento e dell’acqua. Eppure l’ingresso nella struttura viene motivato con queste parole: “Piano di assistenza individuale finalizzato al recupero funzionale e alla promozione sociale dell’assistita, oltre che al contrasto dei processi involutivi in atto”. Eluana viene strappata alle Suore Miserecordine, stando a questo documento, per essere curata. In realtà tutti sanno che il viaggio verso Udine serve a ucciderla. Caro Enrico Mentana, sì, questa è davvero la solita piccola e ignobile e ipocrita storia all’italiana.
Imbrogli e ipocrisia per ottenere cosa? L’ampliamento del concetto di “accanimento terapeutico” (che come è noto anche per i cattolici non è né auspicabile né giustificabile), fino a rendere chiaro che la vita può diventare un bene disponibile, sopprimibile anche al di là di una volontà chiaramente espressa dal soppresso. Il medico che firma tutte le documentazioni che serviranno a ottenere la soppressione di Eluana si chiama Carlo Alberto Defanti. Due anni prima della morte di Eluana al congresso della Società italiana di neurologia Defanti si era caratterizzato per un intervento in cui era arrivato a chiedersi se il malato di Alzheimer fosse “un’altra persona” o avesse “perso le caratteristiche stesse di persona”. Con nettezza Defanti faceva il caso del malato di Alzheimer che non riconosce più i suoi più stretti familiari: “Questo cambiamento fa sorgere inquietanti interrogativi, ad esempio, se sussistano verso la persona così cambiata gli stessi doveri di prima”.
Senza dare la croce addosso a Defanti, c’è una vasta area culturale e politica che considera nuovi “diritti” gli ostacoli da porre al diritto alla vita. Costoro portano avanti una piattaforma organica e politica. Sostengono la “contraccezione d’emergenza” liberalizzata, l’aborto chirurgico, la Ru486, l’aborto a nascita parziale, l’aborto post-nascita, la soppressione di Alfie e Charlie per il “superiore interesse del minore”, quella di Vincent e Eluana per il “superiore interesse del malato”, il biotestamento, le Dat, l’eutanasia passiva, quella attiva e il suicidio assistito. Ogni pallottola spedita contro la vita dei soggetti non produttivi viene da loro considerata ben spesa. Prima di Eluana in Italia le persone come Eluana non potevano essere soppresse. In altri paesi sì e anche in questi giorni trasmissioni televisivi e articoli definiranno quei paesi come “più evoluti”, addirittura “più liberi”.
Sono i paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Svizzera per citare i più attivi) dove ogni anno vengono uccise decine di migliaia di persone che si trovano in condizioni di sofferenza. Ho visto lo schermo di protezione che la famiglia ha voluto stringere attorno a Michael Schumacher e alle sue condizioni, molto ma molto simili a quelle di Eluana. Sapete perché hanno fatto questo? Per non permettere a nessuno di dire che la vita di Michael non è più degna di essere vissuta. L’incapacità del campione di comunicare con il mondo che lo circonda è colmata dal mare d’amore che la sua famiglia riversa su di lui in questi anni di faticosa sofferenza. Perché nessuno è qui a voler negare la fatica. Ma Eluana meritava l’amore che le davano le Suore Misericordine, che la lavavano e la curavano tutti i giorni. Non meritava di morire dopo aver pianto tutte le lacrime fino alla secchezza dei bulbi oculari, fino al completo azzeramento della salivazione, fino al prosciugarsi di ogni mucosa protettiva per via dell’azzeramento dell’idratazione. Perché così si muore quando si muore di sete.
Io continuerò sempre a chiamare inumano ciò che inumano è. Non capirò mai chi fa della propaganda alla morte la sua ragione di vita, mi sembra un’ostinazione diabolica al fondamento stesso della dignità umana, un assurdo sostanzialmente inconcepibile. Questa è irrazionalità, cioè ingiustizia. Le leggi mortifere (tralascio dal computo quelle sulle varie forme di aborto) provocano decine di migliaia di morti ogni anno, morti talvolta addirittura erogate a pagamento come accade con il suicidio assistito in Svizzera. Riguardano disabili, malati, sofferenti, depressi, dementi. Riguardano gli ultimi della terra e io quegli ultimi credo che siamo davvero chiamati a difenderli. Altrimenti vince la logica nazista, la Aktion T4 messa in atto da Hitler come primo programma di eutanasia proprio di quei soggetti sopra indicati soppressi in un numero di poco inferiore alle duecentomila unità. Le leggi sull’eutanasia e sul suicidio assistito hanno fatto molte più vittime. Mattanza fu allora, mattanza è oggi e io sinceramente non vedo la differenza. Il nazista fu semplicemente meno ipocrita: nei documenti c’è scritto esplicitamente che Aktion T4 fu implementata per contenere i costi della sanità pubblica. Sono esattamente le stesse ragioni che fanno spingere per normative favorevoli all’eutanasia negli ordinamenti giuridici refrattari, come ad esempio quello italiano.
Attenzione, poiché sanno che in Italia le nostre radici rendono intollerabili le leggi mortifere (come ripeto, la tanto indispensabile normativa sulle Dat ha partorito un buco nell’acqua, nessuno le redige per paura di finire poi uccisi in ospedale) allora si attivano altri meccanismi. Certo, si manda in discussione anche la legge sull’eutanasia in Parlamento, ma la scorciatoia che si prova ad attivare è quella delle sentenze. Eluana muore per una sentenza di un Tar, pensate un po, un tribunale amministrativo, che impone di dare attuazione a una sentenza di Cassazione. Furono i giudici a uccidere Eluana insieme a un presidente della Repubblica che graziava l’assassino di Luigi Calabresi ma negava la firma al decreto che avrebbe salvato la vita della donna.
Lo scontro tra cultori della morte come diritto e innamorati difensori della vita è al suo snodo decisivo in Italia. Le trasmissioni come quelle di Mentana su Eluana servono a far fare un passo in avanti a radicali e radicaleggianti, marginalizzando e facendo sembrare sempre oscurantista la posizione di chi vuole difendere la vita. Sapendo che queste sono le condizioni sfavorevoli del campo, non rinunciamo ad andare in battaglia perché ora serve farlo davvero. Chi diserta ne porterà la responsabilità.