Aiutata dallo tsunami Covid, la maggioranza ha delineato l’identità con cui si proporrà alla guida del Paese nei prossimi anni: il Partito democratico ha recuperato una condizione egemonica a cui volentieri si acconciano i grillini alla Conte, alla Di Maio, alla Fico, alla Spadafora, alla Casalino. Lo stato maggiore del M5S che tra due anni e mezzo avrebbe dovuto cercarsi, in alcuni casi per la prima volta, un vero posto di lavoro è ben contento di traslocare nel versante dei politici professionisti e bye bye limite ai due mandati, uno vale uno e altre fregnacce con cui hanno attratto il voto degli italiani. Ha in sostanza ragione Alessandro Di Battista: il M5S si sta preparando a diventare come l’Udeur, un partito il cui unico senso sta nella gestione del potere (sparito il quale, infatti, sparì l’Udeur).
La verità è che lo schema funziona: sinistrismo più populismo generano consensi sufficienti a vincere le elezioni in molte regioni che venivano date in bilico. In Puglia addirittura Michele Emiliano ha potuto fare a meno di M5S, Italia Viva, Azione e Più Europa, incarnando da solo la sommatoria di sinistrismo e populismo, stroncando l’ambizione dell’eterno Raffaele Fitto rifilandogli addirittura otto punti di distacco quando per tutta la campagna elettorale si era parlato di un testa a testa.
I ballottaggi nelle città del 4 e 5 ottobre hanno stabilito la netta prevalenza di questa inedita alleanza. Pd e M5S insieme sono maggioranza nel Paese, nella sommatoria con le altre schegge della coalizione che governa l’Italia. La Lega rischia di lasciare lo scettro di primo partito italiano al Pd di Nicola Zingaretti, nei sondaggi il distacco è ormai irrisorio. Cresce Fratelli d’Italia, è vero, ma solo recuperando i consensi persi da Matteo Salvini e in parte quelli di una Forza Italia in condizioni di evaporazione.
Il 2020 è l’anno in cui il vecchio schema tripartito Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia ha mostrato tutta la sua insufficienza.
Spartirsi i candidati con Borgonzoni e Ceccardi alla Lega, Fitto a Fratelli d’Italia, Caldoro a Forza Italia ha prodotto altrettanti disastri. Sento parlare Giorgia Meloni che vorrebbe regalare la candidatura a sindaco di Roma al suo Fabio Rampelli e mi chiedo cos’altro serva per far comprendere a costoro la lezione: la stagione degli accordi in tre in una stanza per spartirsi collegi, sindaci e presidenti di regione è totalmente superata dagli eventi, chi non lo capisce vuole consegnare il Paese ad una lunga stagione di governo giallorosso, perché l’opposizione trainata dalle destre è diventata minoranza sul piano locale e nazionale. Salvini ha perso il tocco magico che lo aveva garantito fino alle elezioni europee, sta ripercorrendo pari pari la strada verso il burrone dell’altro Matteo.
Bisogna dunque ripartire prendendo atto dell’insufficienza di quella stanzetta in cui in tre prendono le decisioni e poi le calano dall’alto sui territori. Nostro intendimento è mandare a casa la maggioranza giallorossa, per il Popolo della Famiglia la avalorialità da Conte e Speranza al governo va assolutamente battuta partendo da un progetto di rivoluzione valoriale. Sappiamo bene di interpretare valori che non tutti gli oppositori di Conte condividono, per questo riteniamo sia giusto aprire un cantiere in cui verificare la sussistenza di un minimo di solidarietà possibili per passare poi alla fase politica del progetto.
Il Popolo della Famiglia chiama questo progetto come il “campo vasto”. Serve un campo vasto di tutte le opposizioni che stringano un patto per ottenere la vittoria sulla attuale maggioranza inizialmente nei comuni e poi al governo del Paese. Tra otto mesi di vota per le grandi città: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Palermo sono tutte amministrate dalla sinistra. A maggio 2021 ci sarebbe dunque l’occasione di mettere alla prova il campo vasto, individuando le leadership non in tre al chiuso di una stanzetta ma coinvolgendo milioni di italiane in elezioni primarie che indichino chi candidare sindaco in ogni città. Basta fedelissimi e funzionari di partito, organizziamo una vera mobilitazione nazionale in cui sia il confronto democratico tra le varie componenti del campo vasto a disegnare un’identità politica nuova e complessiva. Ho letto Salvini dire improvvisamente al Corriere della Sera che vuole diventare protagonista di una rivoluzione liberale, il Popolo della Famiglia intende portare avanti il protagonismo della ispirazione cristiana a presidio di principi essenziali e dunque non negoziabili, la Meloni insiste con i suoi caratteri nazionalisti del neoconservatorismo europeo, Toti potrebbe rispolverare la sua matrice socialista e si potrebbe chiedere il sostegno in questo percorso anche alle parti sociali, da segmenti della Cisl fino a Bonomi di Confindustria giustamente preoccupato dal vedere l’Italia trasformata dai grillini nel Sussidistan.
Il campo vasto (che potrebbe chiamarsi anche campo repubblicano dato che siamo tutti per la difesa dei principi e dei valori della Costituzione repubblicana, con la prevalenza degli elettori che hanno votato no sia al referendum del dicembre 2016 che a quello del settembre 2020) attraverso il bagno d’umiltà delle elezioni primarie potrebbe davvero diventare alternativa credibile per il governo delle grandi città nel 2021 e del Paese nel 2023, al più tardi. Senza chiedere aiuto ad una partecipazione diretta dei cittadini questa rigenerazione non ci sarà e il chiuso delle stanze partorirà sempre candidature perdenti di fedelissimi magari con del seguito nel partito, ma con scarsa presa nel Paese.
Se la proposta del campo vasto e delle elezioni primarie sarà raccolta, il Popolo della Famiglia parteciperà volentieri alla costruzione di un cartello di opposizioni che si candidano al governo del Paese, facendo seguito al mandato congressuale che la dirigenza nazionale del PdF ha raccolto dall’assise di Pomezia il 13 settembre scorso. Se, viceversa, nulla verrà modificato nella modalità con cui si indicheranno i candidati sindaco nelle grandi città allora il Popolo della Famiglia selezionerà una propria proposta di classe dirigente autonoma, alternativa a tutti gli schieramenti, affinché le elezioni primarie si svolgano di fatto al primo turno delle amministrative. Studieremo analiticamente i bisogni di ogni territorio e forniremo una risposta all’altezza delle aspettative, non ideologica, sempre legata alle cose da fare a partire dalla sfida contro la denatalità che sta desertificando vaste aree delle nostre città.
Ritengo utile far pervenire per tempo questa proposta politica del Popolo della Famiglia in una fase in cui è inevitabile una riflessione collettiva davanti ai fatti nuovi che sono accaduti. Non vogliamo infatti essere compartecipi di uno scivolamento continuo che ha incredibilmente riportato in condizione di vantaggio elettorale il Partito democratico e il M5S, il cui governo è una vera iattura per il Paese e per le città che quei partiti amministrano.