Maurizio Iannelli viene arrestato in un violento conflitto a fuoco a Roma alla fine di novembre del 1980 mentre si trova con un collega terrorista che riesce a fuggire (si tratta di Pietro Vanzi, uccise poi tra gli altri il generale Galvaligi e l’ingegner Taliercio). Condannato due volte all’ergastolo nel Moro bis e nel Moro ter, Iannelli è tra i capi della colonna romana delle Brigate Rosse, responsabile di tutti i peggiori atti di sangue degli Anni di piombo. Mai pentito né dissociato fin dagli Anni Novanta si interessa al mondo dei trans dedicando romanzi e documentari. Oggi è tranquillamente tra coloro che il direttore di Raitre Franco Di Mare utilizza come regista per il programma “Amore criminale”. Viste le competenze, direi che l’amore è superfluo. In qualsiasi altro paese del mondo Di Mare e Iannelli sarebbero cacciati a calci dal servizio pubblico radiotelevisivo, simbolo dello Stato che le Br hanno provato ad abbattere lasciando una infinita scia di dolore e di morte. Una scia per la quale i tizi come Iannelli non hanno mai neanche chiesto scusa. È l’ennesimo brigatista ergastolano premiato con pochissimo carcere e tanti soldi pubblici pagati dalle famiglie italiane e garantiti dalla Rai.