SI È SUICIDATA? EVVIVA, PARTA IL CAN CAN

6 Novembre 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia

Come fossimo al Moulin Rouge della morte, va in scena sempre lo stesso squallido spettacolo: la nota associazione tenta di forzare le norme italiane, se non riesce scorta in Svizzera la malata, assiste al suicidio che avviene a pagamento, poi sventola il bandierone con comunicati stampa e annunci di autodenuncia per ottenere spazio sui media sulla pelle della povera deceduta. A cadavere ancora caldo fanno partire il solito can can, ormai manierista e sempre uguale, che ricalca perfettamente la trama di Ich klage an (Io accuso): lei soffre tanto, lui fa in modo che muoia, c’è il processo e lui viene assolto perché lei soffriva tanto. Il film è del 1941 e fu lo strumento con cui Hitler giustificò la soppressione massiccia di malati mentali e disabili chiamata Aktion T4, prima legge sull’eutanasia. Il film è emotivamente molto coinvolgente. Costruito con la logica con cui oggi viene costruita la comunicazione della nota associazione: la persona soffre, un lui porta la persona a morire, poi processo penale come palcoscenico mediatico e di legittimazione dell’uccisione. Lo stesso can can del 1941. Mi provoca un misto di disgusto per il cinismo della strumentalizzazione mediatica del sofferente a cadavere caldo e di terrore attonito per i destini di un mondo dove una malata oncologica di 58 anni viene accompagnata a suicidarsi a pagamento anziché accompagnarla con amore a vivere in pienezza la sua sofferenza e anche la sua fine naturale.
Secondo i medici il 66enne Stefano Tacconi aveva scarsissime possibilità di riprendersi da una devastante emorragia derivata da un aneurisma cerebrale. Totalmente immobilizzato ha dichiarato: “Ho dovuto reimparare a parlare e camminare” e ce l’ha fatta in un tempo record di 18 mesi grazie all’amore e all’assistenza totalizzante del figlio. Nella società che vorrebbero i tizi emuli della Aktion T4 avremmo tutti redatto un testamento biologico in cui diciamo di non voler sopravvivere se un accadimento compromette totalmente le nostre possibilità di relazione, di movimento e di parola. Figli educati da decenni di una cultura mortifera userebbero il testamento biologico per “liberare il corpo dalla sofferenza inutile” e magari anche per incassare prima l’appartamento in eredità.
Ora dovete solo scegliere in quale mondo vorrete vivere e morire nel prossimo futuro: secondo lo schema del Moulin Rouge della morte, della propaganda alla Io accuso (1941) con i processi farsa per forzare l’ordinamento (ora anche con la boiata delle leggi regionali che ovviamente non possono mai confliggere con la legge nazionale) oppure secondo le nostre radici. Che producono affetto e cura per i sofferenti, gratitudine per gli anziani, sollecitudine per i familiari ammalati. E un conseguente ordinamento giuridico secondo cui la vita non è un bene disponibile.
Dovete solo scegliere tra il martellante can can del falso diritto all’autodeterminazione e la naturale difesa del diritto alla vita.